La prima, quella in alto sulla facciata della Chiesa Parrocchiale di Spotorno, è un grande orologio solare, come scrive l’architetto Pittaluga di Genova Pegli. Campeggia in pieno sole e rappresenta il trascorrere delle ore secondo l’antico “uso italico”.Non rare sono le meridiane così rappresentate, anche se frequenti (e di più facile lettura) sono invece quelle di tipo “francese”, aventi la linea di mezzogiorno posta sulla verticale passante per lo stilo e con le ore mattutine e pomeridiane rispettivamente alla sinistra e alla destra dello stesso.
Secondo “l’uso italico”, invece, l’inizio della giornata coincide con il tramonto per cui si ha una traslazione di sei ore in avanti rispetto l’ora civile. Così la mezzanotte coincide con le ore 6, l’alba con le 12, mezzogiorno con le 18 e il tramonto con le ore 24. Ciò al fine di valutare, attraverso la lettura della meridiana, quante ore di luce rimangono a disposizione: informazione importante soprattutto in funzione dei lavori agricoli che una volta regolavano la scansione delle giornate.
La seconda meridiana la possiamo osservare in via Aurelia, numero civico 53, nella villa di Domenico Abrate, con relativo gnomone, senza scritte e senza ore.
La terza meridiana è posta sulla parete a sud-ovest della casa di via Mazzini, (verso mare) dopo la Cappelletta.
La quarta meridiana è collocata in piazza Galileo sopra la bottiglieria.
La quinta ed ultima meridiana la troviamo sulla parete dell’Opera Pia Siccardi di Spotorno (sopra il rio Canin). L’affresco è pressoché illeggibile, mentre il Mercurio alato che regge il gnomone vale la pena di conservarlo.
Tra le meridiane abbiamo trovato, leggendo la prefazione del romanzo di A.G. Barrili, “Tra cielo e terra”, la cui dedica è indirizzata al prof. Francesco Berlingieri, quella scomparsa in località Maremma, nella casa oggi Hotel Pippo. I due illustri personaggi, che passeggiavano chiacchierando, notano una meridiana e commentano “…l’orologio solare era sul terrazzo di una verdognola…nel bel mezzo di un orto”, con la scritta “ultima necat”, che tradotto suona così: “E’ l’ultima ora che uccide”.