L’edificio si presenta come una tipica dimora signorile settecentesca con alcuni caratteri suoi peculiari: il colore verdognolo della decorazione della decorazione pittorica esterna, tinta abbastanza desueta nel contesto delle altre ville liguri coeve, e la grande scalinata, sul prospetto verso il mare, che collega direttamente il giardino con il piano nobile. Circa i committenti, gli interventi maggiori furono eseguiti dai Balbi. E’ stata pure avanzata l’ipotesi che precedentemente i terreni su cui sorge la villa facessero parte delle proprietà della famiglia savonese dei Siri.
L’attribuzione deriva da una errata lettura di un passo del dizionario di Goffredo Casalis. Le fonti coeve (catasto del 1640 in archivio di stato di Genova e stati d’anime del 1639 e del 1641 in Archivio parrocchiale di San Nicolò) registrano la presenza dei Siri e della loro villa alla Costa e non nella frazione Capo. Altre ricerche più fondate, ma non definitive, fanno riferimento alla famiglia Brignole. Senza dubbio, è proprio alla nobile casata genovese dei Balbi che la residenza, passata successivamente ad altri proprietari, ma tuttora conservata all’uso originario, deve il suo aspetto attuale. La struttura della villa è caratteristica del secolo XVIII con la decorazione della facciata a motivi illusionistici, con le due snelle ali laterali affiancate al corpo di fabbrica centrale, quello ad ovest terminante con una graziosa cappella, e, infine con le logge e l’arco che sovrasta l’ingresso al piano nobile. L’utilizzo di un corpo scala, per collegare direttamente giardino e piano residenziale, piuttosto insolito, e rimanda all’esempio genovese di villa Saluzzo-Mongiardino ad Albaro, dove l’abitazione, sviluppandosi su un unico piano, manca dello scalone interno, sostituito da un elemento architettonico similare a quello del nostro palazzo. Sono però la discontinuità formale della facciata con retro della villa e le massicce dimensioni della parte centrale del fabbricato a denunciare la possibilità di un architettura preesistente, che è tuttavia più fondato attribuire a strutture padronali agricole. Si è parlato infatti a questo proposito, ma con scarso apporto di analisi e di documenti, di una casa-torre sul tipo delle molte un tempo sparse per la piana albisolese e delle quali restano oggi soltanto pochi esempi, o di un edificio cinque-seicentesco, sviluppato molto semplicemente per il solo attuale corpo centrale, appartenuto, come risulterebbe da fonti consultate, alla famiglia Brigliole. L’ipotesi, suggerita ultimamente in un convegno, che fosse una casa-forte (cfr. quella di Celle in località Roglio) non sembra la più convincente. Essa è sostenuta infatti da un’interpretazione del prospetto verso il mare, in cui si sarebbe voluto intravedere, sebbene non ve ne sia traccia nelle murature sottostanti, una costruzione avanzante dal tetto, che farebbe pensare alla presenza di una torre, poi scapitozzata. Le finestre sotto il piano nobile sono state inoltre aperte senz’altro in epoca a noi più vicina; il muro è, fino all’altezza della scala, assai spesso, quasi a scarpa (poi mimetizzato da un bugnato dipinto) “come fosse stato edificato per sorreggere l’urto di eventuali invasioni barbaresche”. All’interno la villa è organizzata al piano nobile attorno ad un ampio salone centrale con soffitto a volte ribassate su cui si affacciano tutte le stanze. La pianta classica avvalora l’ipotesi di una costruzione precedente allo stile della facciata ed ai corpi aggiunti quali la cappella dedicata a San Francesco e l’ala destinata alle attività agricole. Del giardino resta una bella quanto limitata macchia alberata, che divide la villa dal litorale e dalle stazioni balneari antistanti.